Presente come vita Liana Milliu scrittrice e testimone – prefazione

Gian Gabriele Vertova

In questo volume, destinato come dono prezioso ai soci e alle socie dell’Associazione Centro Studi e Documentazione La Porta per il 2017, sono raccolti gli interventi di Liana Millu presso la nostra sede e i contributi al Seminario di studi Presente come vita. Liana Millu scrittrice e testimone tenutosi il 28 febbraio 2015 che illustrano la figura di Liana Millu e ripropongono oggi, soprat- tutto ai giovani, la sua opera.

L’ultimo messaggio di Liana prima di morire è stato scritto il 27 gennaio 2005 nel Giorno della Memoria ed è rivolto agli studenti:

Mi spiace non essere lì e iniziare nel solito modo. «Sono il numero A 5384 di Auschwitz-Birkenau». Le parole sono sem- pre le stesse, ma oggi risuonano con la forza di milioni di per- sone che parlare non possono più. Mi rivolgo a tutti, partico- larmente ai ragazzi, perché conoscere quel passato è garanzia per il loro, per il nostro avvenire. Avvicinate quel passato, il vostro presente ne sarà rafforzato. Andate in quei luoghi funesti e non per un giorno. Studiarli porterà bene alla vostra vita, io lo so. Non limitatevi ad un giorno. Cercate soprattutto di vedere, di andare: tornerete migliori e più forti, la vostra coscienza ne sarà approfondita. Questo vi auguro. E vi benedico in nome di quelli che non poterono farlo. 27 gennaio, ripetete questa data, 27 gennaio: riguarda tutti, ci riguarda tutti. Che Dio vi bene- dica e vi aiuti a non dimenticare mai.

Quando la scrittrice, che ci vantiamo di poter considerare amica, era richiesta di raccontare la sua testimonianza, iniziava quasi sempre così. Non lo faceva solo perché voleva rendere il più possibile efficace la comunicazione, ma perché quell’espe- rienza era ancora un suo tempo presente. Allo stesso modo ci con- fidava, scusandosi, di sentire ancora l’incubo di una paura mor- tale appena percepiva parlare nella lingua tedesca…

Ma Liana Millu non era solo una testimone. Era una scrittrice, fra le più importanti della letteratura italiana del secondo ’900. Forse il ruolo che consapevolmente si era assunta di testimone della Shoah ha contribuito a valutarla in modo riduttivo, come per certi aspetti è capitato al grandissimo Primo Levi: quasi che la tragedia della storia costituisca un elemento diminutivo della grandezza della scrittura e non, come è giusto che sia, la spiega- zione della sua forza. Assordati come siamo dal chiacchiericcio di tanta produzione e di tanta critica complice, pensiamo che lo sforzo letterario debba essere valutato in base alla modernità dello stile, nell’impossibile gara di emulazione con altri media contemporanei, e non siamo in grado di cogliere il senso di uno scrivere per la verità: compito che determina l’emergere di una peculiare originalità. Le caratteristiche letterarie di Liana Millu sono proposte efficacemente da Marta Baiardi. La struttura del libro [Il fumo di Birkenau] e i suoi personaggi appaiono già deli- neati e anche la poetica è ben definita: non un «reportage», conside- rato «già superato», ma dei «racconti», di cui la Millu indica persino i titoli. La scrittura concentrazionaria del Fumo nasce dunque da un’ ispirazione molto più intenzionalmente letteraria che testimo- niale. Marta Baiardi sottolinea l’originalità di questa scrittura, che tralascia la tessitura diacronica per privilegiare quella spa- ziale. Questa mancanza di direzione cronologica e la disposizione orizzontale-spaziale della materia narrativa rendono le storie tutte contemporanee con l’effetto di indurre nel lettore una sensazione

quasi claustrofobica: ci si sente prigionieri della narrazione come lo sono le deportate nel campo.

Questa narrazione continua a parlare e a suscitare pensieri di vita e passione per la lettura, non solo in luoghi deputati come le scuole o la Terza Università, ma anche in quelli improbabili, come il carcere, come testimonia la librologa Adriana Lorenzi. L’esito è che l’opera della Millu, piuttosto che testimonianza dell’universo concentrazionario, rappresenta il racconto di una ricerca di senso, una domanda ultima che va al di là della stessa esperienza del male assoluto.

Cosa rimane delle tante cose che formano il tessuto di una lunga esistenza? Forse che tale tessuto ha seguito una trama che ci rimane misteriosamente celata? Non so e non cerco di saperlo. So soltanto che, dalla decantazione di tanta vita, emergono due elementi: amore per «sora nostra madre terra» e compassione, una grande, profonda compassione per la condizione umana.

Così diceva Liana Millu nel suo intervento alla Cattedra dei non credenti promossa da Carlo Maria Martini (lo ricorda Piero Stefani nel suo contributo).

È questo il messaggio che ci lasciano la vita e la scrittura di Liana Millu. Dono originale e autentico.