Erica Chenoweth
Come risolvere i conflitti. Senza armi e senza odio con la resistenza civile, Sonda, Milano, 2023

La resistenza civile è una forma di azione collettiva che permette a civili disarmati di utilizzare una serie di metodi (scioperi, proteste, manifestazioni, boicottaggi e molti altri) per portare avanti un conflitto senza fare fisicamente del male all’avversario, e senza minacciare di farlo.

Erica Chenoweth – una delle più eminenti esperte – rispondendo a 100 domande ci spiega che cos’è la resistenza civile, come funziona, perché a volte fallisce, in che modo viene influenzata dalla violenza e dalla repressione e ne illustra l’impatto a lungo termine. Servendosi sia di esempi storici sia di episodi più contemporanei, come la Primavera araba e i vari movimenti attivi negli Stati Uniti, il libro offre un quadro esauriente, e al contempo sintetico, di questo metodo alternativo alla violenza e alla guerra.
Con gli esiti di tutti i conflitti negli ultimi 120 anni.

Erica Chenoweth è una politologa americana, professoressa di politiche pubbliche presso la Harvard Kennedy School e il Radcliffe Institute for Advanced Study. Dirige il Laboratorio di Azione Nonviolenta all’Harvard’s Carr Center for Human Rights Policy, che studia la violenza politica e le sue alternative. Ha sviluppato un particolare interesse per lo studio di come le persone resistono efficacemente all’autoritarismo e si attivano per il cambiamento sistematico, oltre che per l’uso degli strumenti delle scienze sociali per la trasformazione politica.

Angela Dogliotti, curatrice dell’edizione italiana del libro, è stata docente nella scuola secondaria superiore e ha svolto attività di ricerca e formazione presso Centro Studi Sereno Regis di Torino fin dalla sua costituzione, coordinando per diversi anni il Gruppo di Educazione alla Pace. Ha collaborato a diverse Scuole di Pace e a progetti sulla trasformazione nonviolenta dei conflitti in ambito scolastico e universitario. È membro di IRIS. È stata segretaria nazionale del Movimento Nonviolento. Ha due figlie e tre vivacissimi nipoti.

LETTURE CONTRO LA GUERRA

Il 18 gennaio alle ore 17,30 presso Fondazione Serughetti La Porta presenteremo il libero di Erica Chenoweth. Paolo Vitali e Stefano Cattaneo dialogano con Angela Dogliotti, curatrice dell’edizione italiana del libro.

L’evento si colloca all’interno della rassegna LETTURE CONTRO LA GUERRA in cui verranno presentati una serie di testi di recente pubblicazione sui temi della nonviolenza e della pace.

Gli incontri avranno cadenza mensile. Iniziamo a gennaio con uno studio sulle forme della resistenza civile. A febbraio sarà il tema della coscienza atomica e del disarmo nucleare. A marzo, un libro collettivo sull’economia di guerra e a maggio un libro di filosofia politica sulla forza della nonviolenza (J. Butler).


A proposito del Libro

Angela Dogliotti scrive la seguente recensione su Il Foglio – mensile di alcuni cristiani torinesi – novembre 2023

Il 24 marzo scorso è uscito nelle librerie per i tipi di Sonda il lavoro di Erica Chenoweth, Come risolvere i conflitti. Senza armi e senza odio con la resistenza civile.

Nel 2011 era stata pubblicata la ricerca, svolta a quattro mani con Maria Stephan, Why Civil Resistance Works (Columbia University Press), frutto del lavoro delle due ricercatrici che si erano proposte di svolgere un’indagine sui movimenti di massa, violenti e non violenti, tra il 1900 e il 2006, scoprendo che più della metà delle campagne non armate avevano avuto successo, contro solo il 26% di quelle armate. Questo sorprendente risultato, controintuitivo rispetto al senso comune che considera la violenza componente inevitabile di ogni radicale trasformazione sociale, ha portato Erica Chenoweth ad approfondire ulteriormente l’indagine.

Tra il 2011 e il 2021 ha svolto numerosi incontri, confronti, approfondimenti con studiosi del settore, attivisti, studenti e ricercatori, che le hanno consentito un ulteriore sviluppo del lavoro, un ampliamento dell’analisi dei casi e la possibilità di rispondere alle principali domande sulla dinamica della resistenza non armata. 

“Ciò ha ridefinito la nostra comprensione di come funziona la resistenza civile”: da questa affermazione si ricava l’approccio pragmatico ed esperienziale della ricercatrice, che in seguito a questi lavori diventa attivista e scrive questo suo secondo libro, che raccoglie le esperienze di ricerca e di confronto di questi dieci anni, e il cui obiettivo è “essere di aiuto a chi cerca alternative realistiche alla violenza nel mondo d’oggi” (pag-28).  

Il libro si compone di cinque parti e di una appendice, con l’elenco delle campagne rivoluzionarie violente e nonviolente tra il 1900 e il 2019 e un ricco apparato bibliografico. 

Non poteva esserci un momento più azzeccato per l’uscita dell’edizione italiana di un libro come questo.

L’imprevisto ritorno della guerra in Europa, una guerra che a tratti ci riporta alle trincee della prima guerra mondiale,  ha contribuito fortemente alla ripresa del mito della inevitabilità della violenza per fermare altra violenza, portandoci dritti verso il baratro dell’autodistruzione inaugurato dall’era atomica.. 

In realtà sappiamo che la guerra è il problema, non la soluzione. Lo dimostrano Afghanistan, Siria, Libia, Iraq, Yemen… per richiamare solo le ultime aree del mondo sconvolte dalla guerra in questo passaggio di secolo.

Nonostante ciò, la prima risposta di fronte ad una gravissima violazione di ogni regola di convivenza internazionale quale è senza dubbio l’aggressione russa all’ Ucraina, è stata una forte rilegittimazione della guerra come strumento per risolvere le controversie in campo, cui ha fatto seguito un aumento cospicuo di spese militari, fino a livelli mai raggiunti prima (2113 miliardi di dollari nel 2021, dati SIPRI, Stockholm International Peace Research Institute). 

E’ così caduto nel vuoto  l’appello dei Nobel per una riduzione concordata del 2% della spesa militare nel mondo, per affrontare le vere emergenze e le sfide del nostro tempo:

I Paesi devono negoziare una riduzione congiunta delle loro spese militari ed usare le immense risorse liberate per affrontare le più urgenti minacce dell’umanità; cambiamento climatico, pandemie e povertà estrema…

Chiediamo che i Paesi riducano congiuntamente le proprie spese militari annuali del 2% per 5 anni. Può sembrare una richiesta modesta, ma avrebbe conseguenze rivoluzionarie: il denaro risparmiato in questo periodo supererebbe il totale dei finanziamenti per il clima e per gli aiuti esteri combinati, senza costi aggiuntivi per nessuna nazione, e senza sconvolgere gli equilibri di potere.

Non è utopistico pensare che i Paesi aderiscano a tale trattato. Alla fine della guerra fredda gli Stati Uniti e la Russia negoziarono una riduzione del 90% del proprio arsenale nucleare, Nonostante le loro differenze, riuscirono nell’impresa perché la demilitarizzazione era di mutuo interesse. Non è necessario essere amici per cooperare… (www.peace-dividend.org)

Così come restano inascoltati a livello politico gli accorati appelli di una delle voci più autorevoli che grida nel deserto per chiedere pace, giustizia, salvaguardia del creato: quella di papa Francesco.

Se è vero che  non si sono più viste mobilitazioni di milioni di persone nel mondo come quella che nel 2003 fece scrivere al New York Times che il movimento per la pace era la seconda potenza globale, è altrettanto vero che ciò è dovuto ad un cambio di passo dell’impegno per la pace. Le sole dimostrazioni, per quanto imponenti e di massa, sono insufficienti e possono lasciare il tempo che trovano, come purtroppo è accaduto spesso. Occorre percorrere anche altre vie.

La resistenza civile è una di queste. Non rispondere con la guerra ad una aggressione non comporta, infatti, cedere o accettare passivamente il dominio di un invasore, come i tanti casi presentati in questo libro mostrano.

Certo, ogni situazione è diversa e fa bene E. Chenoweth ad osservare che non è mai detta l’ultima parola, ma che le forme e le possibilità della resistenza civile sono in continuo sviluppo, a seconda dei contesti e dei tempi.

In questa direzione, tante sono le vie da percorrere. Oggi, la via maestra da indagare, seguire, praticare è quella di un pacifismo politico che i movimenti nonviolenti e per la pace in Italia hanno imboccato da alcuni anni. La via, cioè, che cerca un’alternativa strutturale alla difesa armata, che propone una difesa civile disarmata e nonviolenta, da preparare a livello culturale e predisporre nella società: Un’altra difesa è possibile è una campagna lanciata anni fa a questo proposito, il cui progetto di legge attende ora in Parlamento di essere discusso e implementato.

Una ricerca come quella di Chenoweth ci mostra che è un percorso possibile. Se la resistenza civile si è fatta strada in tanti casi di conflitto e oppressione, spesso in modo spontaneo, privo di guida e preparazione, quanto sarebbe più efficace se si riuscisse a ragionare a livello politico di alternative alla guerra, predisponendo in tempi di pace i mezzi e le condizioni per realizzarle?

Quanto maggiore potrebbe essere il successo se si diffondesse una cultura del conflitto nonviolento per contrastare violenze e ingiustizie?

Come scriveva Lanza del Vasto, le due novità del XX secolo sono state la bomba e la nonviolenza gandhiana. Continuiamo a fare affidamento sulla bomba, al di là di ogni ragionevole evidenza sul suo fallimento nel difendere la pace (e nonostante il trattato ONU TPNW che ne rende illegale anche il solo possesso); rendiamo visibile e facciamo crescere la voce, invece, di chi ha percorso strade di nonviolenza, di chi cerca la giustizia con mezzi di giustizia, non con quelli della guerra.

Nel nostro paese, la Rete italiana pace e disarmo, che raccoglie decine di associazioni, tra cui il Centro Studi Sereno Regis, è impegnata nel lavoro concreto per la pace in questa direzione, attraverso diversi tipi di mobilitazione, dalle manifestazioni, al monitoraggio del rispetto delle leggi contro il commercio delle armi, al contrasto delle nuove tecnologie belliche come i killer robot, alla lotta contro l’aumento delle spese militari e, non ultimo, al sostegno ad iniziative come la Carovana Stop the War Now, che in questi mesi ha portato in Ucraina aiuti alle vittime della guerra, lavorando per una diplomazia popolare e per dare sostegno agli obiettori di coscienza che in Ucraina, in Russia e in Bielorussia sono perseguitati (come anche in altri paesi del mondo).

Essi sarebbero, invece, i primi costruttori di pace, capaci di uno sguardo che va al di là della guerra, rifiuta la disumanizzazione del nemico, crea le condizioni di una possibile negoziazione per una pace stabile e duratura.

Gli appelli per dire basta alle armi e perseguire altre strade si moltiplicano, ad opera di giuristi e intellettuali in tutto il mondo, così come il lavoro dal basso per la pace in Ucraina e in tanti altri paesi, insanguinati da guerre, oppressioni e intollerabili ingiustizie.

Un libro come questo  rende visibile questo lavoro e queste lotte e contribuisce a scrivere la storia del sangue risparmiato, perché, come sosteneva la compianta storica torinese Anna Bravo, “è un’idea malsana che quando c’è guerra c’è storia, quando c’è pace no. Il sangue risparmiato fa storia come il sangue versato.” (La conta dei salvati, 2013)

Ed è l’unica storia che ci può restituire una speranza di futuro.

Angela Dogliotti

(pubblicato su Il Foglio – mensile di alcuni cristiani torinesi – novembre 2023)