ciclo di incontri -Dicembre 1994 marzo 1995
Quaderno n. 66
La Costituzione non è un lusso: Principi da custodire, Istituti da riformare
  chiudi  
stampa questa pagina  




LA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA OGGI
Tutela e revisione della Costituzione

Valerio Onida

Io  credo che il rischio maggiore che corriamo oggi è quello di una banalizzazione del dibattito sulla costituzione. Siamo passsati in pochi anni da un clima sociale e politico nel quale si poteva parlare della costituzione come tabu, a un clima opposto, in cui qualcuno parla con leggerezza di costituzione da buttare.  C’è il grosso rischio del disorientamento.

Siamo immersi da alcuni anni in un dibattito politico per il quale sembra, dalla lettura dei giornali, dai dibattiti televisivi, che le riforme costituzionali siano il toccasana dei mali del paese. Basta cambiare i meccanismi costituzionali che tutto si risolve. E’ chiaramente un’illusione.  Questo si dimostra guardando la storia. Questa illusione oggi però rischia di distogliere l’attenzione dai problemi sostanziali. A questo si aggiunga un dato di fondo della nostra società: una scarsa conoscenza delle istituzioni e delle loro regole e anche uno scarso attaccamento. Una società  non può sopravvivere se le istituzioni che si è data non suscitano anche un legame affettivo. Questa scarsa conoscenza influisce a rendere il dibattito costituzionale molto estremizzato.

Io credo sia necessario collocarsi in una posizione equilibrata, dicendo no da un lato a una posizione di mobiliismo superficiale per cui bisogna cambiare tutto, e dall’altro rifiutando la posizione opposta di rigido conservatorismo costituzionale. Invece la posizione più corretta è riflessiva,  non partendo ne da una posizione ne dall’altra.

Per affrontare questo argomento dei cambiamenti costituzionali credo che prima bisogna avere un’idea della costituzione. La costituzione non è una legge come le altre. Non è neanche ne solo la legge suprema, la legge che condiziona le altre leggi. La costituzione non è un insieme di regole che deve rispondere a una serie di esigenze momentanee, che si può cambiare magari a seconda degli equilibri politici. Al contrario la costituzione è il quadro, essenzialmente stabile, dei principi e delle regole comunemente accettati, nel cui ambito si sviluppa la complessa vita delle istituzioni dello stato e si sviluppa anche la dialettica, il confronto politico. Dunque la costituzione normalmente rappresenta ciò che resta, non ciò che passa o che viene continuamente modificato.

La costituzione è, abbiamo detto, comunemente accettata. Non è perciò la legge che il vincitore impone al vinto. Non può essere questo. E’ piuttosto la casa comune, che riguarda tutti e appartiene a tutti. La costituzione è un patto, non un contratto, in cui si stabilisce ciò che è comune al di la delle differenze, che pure esistono. Un tempo era il patto tra il re, il sovrano e il popolo. Oggi è un patto fra i vari gruppi sociali, su ciò che mettono in comune, che riconoscono come comune.

Ciò significa che non tutto è riportabile alla costituzione. Non si può costituzionalizzare tutto, perchè questo significherebbe impedire il dibattito e il confronto tra diversità. Dalla costituzione dunque non si traggono le soluzioni a tutti i problemi politici, al contrario è normale che da essa si possano derivare diverse soluzioni, diversi indirizzi, diversi orientamenti, tutti costituzionalmente legittimi. Ecco perchè i giuristi parlano di elasticità della costituzione, in quanto essa contempla diversi modi di attuazione. Questo è normale se pensiamo che essa deve durare nel tempo e perciò deve avere un certo grado di elasticità che permetta diverse interpretazioni, naturalmente entro i ben noti limiti.

La costituzione naturalmente è un prodotto storico, è il prodotto dunque di determinate forze politiche. Dunque nella costituzione sono trascritte le idee e gli intendimenti di queste forze. Guardate però che mentre nel processo politico ordinario le forze prevalenti immettono nelle leggi le loro scelte, nelle costituzioni, almeno se si tratta di costituzioni destinate a durare nel tempo, immettono qualcosa in più dei loro interessi contingenti; immettono la loro  percezione dei valori permanenti della società politica. Nessuna forza può quindi pensare la costituzione come una sorta di proprietà privata, una sorta di religione. Chi fa la costituzione  la fa per tutti, anche per le generazioni future.

La longevità di una costituzione è un pregio, dimostra che coloro che l’hanno fatta sono riusciti a immettervi principi che davvero andavano aldila dei loro interessi contingenti, e diventa quindi un patrimonio che si trasmette di generazione in generazione. 

Noi in Italia abbiamo la nostra costituzione da circa cinquant’anni. Ora stiamo assistendo al venir meno della generazione dei costituenti e all’affermazione di una generazione del tutto estranea al loro modo di pensare. Questo è il momento delicato in cui una costituzione dovrebbe dimostrare la sua vitalità, in cui dovrebbe dimostrare di essere patrimonio che si trasmette, dove essa esercita quella funzione che io chiamo integratrice.  La costituzione che nasce da determinate forze politiche ha  l’intento di integrare nel proprio quadro tutte le forze operanti che accettano questi valori comuni, fondanti, e anche le forze che via via nel tempo si manifestano e che non c’erano prima. Proprio la loro integrazione esprime la continuità della partecipazione al processo civile. Funzione integratrice anche e soprattutto per quelle forze che quando è nata sono rimaste per qualsiasi ragione fuori o ai margini del processo costituente. Il fatto che oggi in Italia entrino nel dibattito politico forze che erano restate escluse dal processo costituzionale perchè legate al passato, è di per se molto positivo. Bisogna comunque stare attenti perchè chiaramente l’accettazione a parole non equivale all’accettazione nei fatti, ma comunque anche la prima è un fatto molto positivo.

Quindi la costituzione ha una funzione di garanzia di ciò che resta nel tempo aldila di ciò che cambia. Questo vuol dire che a sua volta la costituzione deve essere garantita, difesa. Esistono dunque meccanismi istuzionali diretti proprio a impedire che avvengano fatti contrastanti con la costituzione. Una costituzione comincia a essere forte se si difende. Naturalmente tutti coloro che operano nella vita dello stato sono chiamati a difendere la costituzione, però in modo particolare esistono delle istituzioni che hanno come loro specifico compito difenderla. Ad esempio la corte costituzionale, cioè un complesso di giudici che difendono la costituzione di fronte alle violazioni.

Difendere la costituzione significa anche impedire che venga troppo facilmente e superficialmente cambiata; qui vediamo il carattere di rigidità della costituzione stessa. Questa rigidità  non è in contrasto con l’elasticità di cui parlavo prima, in quanto essa allude al fatto che la costituzione contiene delle regole e principi generali all’interno dei quali molte cose possono cambiare e variare nel tempo. Rigidità significa invee che i principi generali restano e non devono e non possono essere  cambiati a piacimento. Nessuna maggioranza del momento ha il diritto di modificarli.

Questa rigidità quindi non vuol dire impossibilità di cambiamento e non vuol dire nemmeno immobilità assoluta nel tempo. Vuol dire prima di tutto che ci sono dei limiti aldila dei quali non si può uscire. Inoltre eventuali cambiamenti, eventuali modifiche, eventuali aggiornamenti delle regole costituzionali non possono essere decisi liberamente da chi momentaneamente esercita il potere politico, perchè è in maggioranza; possono essere decise modifiche della costituzione passando attraverso meccanismi più complessi, per i quali si parla di aggravamenti. Questi stabiliscono ad esempio che per poter modificare la costituzione bisogna passare attraverso due voti della camera e due voti del senato, tra i quali deve passare un certo intervallo di tempo, e per i quali è richiesta un maggioranza particolarmente elevata. Questo perchè si tratta di modificare le regole comuni.

Con queste promesse, le domande perchè cambiare la costituzione, e come cambiarla, possono avere una risposta ragionevole, tranquilla. Non abbiamo più una contrapposizione drastica tra conservatori e riformisti. Se riconosciamo che la costituzione è l’insieme delle regole comuni si può tranquillamente parlare di modifiche della stessa.

Perchè cambiare e cosa cambiare della costituzione. Innanzi tutto non bisogna cambiare solo perchè è passato del tempo. Questa è un’idea sbagliata. E nemmeno bisogna cambiare perchè sono cambiati gli indirizzi politici, le idee della gente. Il cambiamento degli indirizzi politici non comporta affatto che si cambi il quadro comune. E’ dunque un’interpretazione massimalistica del cosidetto principio maggioritario, per cui la maggioranza governa, quella che dice che chi la possiede ha il diritto di cambiarsi la costituzione a propria immagine e somiglianza. Il principio maggioritario dice che, dopo aver discusso e proposto, la decisione che la maggioranza dei cittadini approva diventa la soluzione di governo. Non vuol dire affatto che chi ha la maggioranza prende tutto, quindi anche la costituzione. Essendo la costituzione patrimonio comune, non ne è padrona la maggioranza come non ne è padrona  la minoranza.  Soltanto quando tutti assieme si stabilisce che le regole costituzionali non vanno più bene si può porre il problema di modifica. 

Possiamo chiederci se la costituzione vada cambiata perchè abbiamo cambiato la legge elettorale, introducendo il maggioritario, che stabilisce una rappresentività delle assemblee elettive non più direttamente proporzionale al peso delle varie forze (il cosidetto principio proporzionale), ma nel quale si tende a dare prevalenza all’espressione di una maggioranza che possa attuare i suoi programmi, le sue idee, in una parola governare. Di per se non è affatto vero che il cambiamento del sistema elettorale  richieda il cambiamento della costituzione. Essa infatti non dice quale sistema elettorale bisogna adottare. La costituzione escluderebbe probabilmente un sistema elettorale che escludesse totalmente la presenza delle minoranze in parlamento. Tolto questo estremo per il resto si può scegliere.  Non è vero, come dice qualcuno, che la nostra costituzione sia indilossubilmente legata al sistema elettorale proporzionale.

Non è neanche vero che la costituzione debba essere cambiata perchè contempla troppi poteri che sfuggono alla maggioranza, perchè la maggioranza non può impadronirsi della corte costituzionale, perchè non può condizionare i giudici, perchè non può condizionare il capo dello stato. Al contrario la costituzione contempla necessariamente dei poteri che sfuggono alla maggioranza. Il principio maggioritario vuol dire che la maggioranza governa, non che controlla tutti i poteri dello stato. La funzione della costituzione è anche di tutelarsi contro i possibili abusi della maggioranza. E’ necessario dunque che nello stato ci siano sia poteri controllati dalla maggioranza sia poteri che le sfuggono.

Un certo nesso potrebbe comunque esserci tra modifica del sistema elettorale e modifica della costituzione. Proprio perchè il sistema elettorale maggioritario rafforza il governo,  ci può essere l’esigenza di rafforzare le garanzie contro i possibili abusi contro la rappresentività parlamentare. La costituzione contiene tutta una serie di garanzie contro la maggioranza. Per esempio alcune decisioni devono essere prese con maggioranze più alte, per esempio le revisioni costituzionali o l’elezione del capo dello stato. Si chiamano maggioranze qualificate. Questo tipo di garanzie ragionevolmente potrebbero oggi richiedere un rafforzamento. In un parlamento eletto col sistema proporzionale dire maggioranza assoluta voleva dire la convergenza di molte forze. In un parlamento eletto con il sistema attuale bisognerebbe alzare questa soglia, in quanto con la maggioranza reale del 40% si può avere anche più del 60% dei seggi in parlamento. 

Si potrebbe  anche ragionare sul rafforzamento ulteriore dell’indipendenza degli organi di garanzia. Tutto il contrario di chi vorrebbe asservire al potere politico i giudici e i pubblici ministeri.  Abbiamo  ancora di problema di trovare soluzioni per campi nei quali bisogna sottrarre alla maggioranza il controllo politico: pensate al problema dell’informazione pubblica televisiva, che non può essere immagine della maggioranza. La televisione pubblica deve essere la televisione di tutti, anche se siamo tutti d’accordo nel non ritornare al sistema precedente dove, siccome non ci si metteva d’accordo, si decideva di lottizzare. Bisogna trovare dei meccanismi di indipendenza dell’organo televisivo pubblico. Si pensi poi agli organi che controllano la borsa, a quelli che controllano la  concorrenza; sono tutte autorità che devono essere tolte dal potere politico.In questo momento in cui, anche giustamente, si dice che la maggioranza deve governare senza venire a patti ogni volta con l’opposizione, bisogna rafforzare questi meccanismi di garanzia.

Ci possono essere altri settori dove si può pensare a una modifica costituzionale in funzione di una migliore funzionalità. Ad esempio  nel campo dei rapporti tra governo e parlamento, ci sono dei meccanismi oggi che visibilmente zoppicano. Oggi assistiamo  al fatto che il governo fa uso del sistema dei decreti legge, che la costituzione prevedono  come  misura eccezionale, a getto continuo, mentre il parlamento li stravolge, li modifica, li emenda, e  passati i sessanta giorni non li ratifica. Allora il governo fa  altri decreti. Si crea confusione. Qui è necessaria una registrazione di questi meccanismi. Una possibile via d’uscita è che il governo faccis un decreto e, passati i sessanta giorni, il parlamento possa dire si o no ma non possa cambiarlo.

Nel campo della spesa e del bilancio noi sappiamo che il parlamento ha un grosso potere. Non è più possibile, con i problemi economici che abbiamo, lasciare le cose come stanno. Bisogna pensare a dei meccanismi di distribuzione della spesa più centralmente governati, lasciare alla maggioranza questo potere, toglierlo dall’assalto dei singoli parlamentari, dei singoli gruppi.

Ci sono dunque dei settori in cui giustamente si può pensare a degli  aggiustamenti costituzionali per raggiungere una migliore funzionalità.

Abbiamo poi il problema delle autonomie. Qui abbiamo molto da regionare in quanto  esiste il problema di rendere più efficace un campo di intevento che la costituzione prevede già,  ma  che per una ragione o per l’altra, è male applicato.

Come cambiare la costituzione. Anche qui se accettiamo le premesse dobbiamo rispettare alcune regole.

Innanzi tutto è giusto parlare di revisione della costituzione ma non di azzerramento della costituzione. I principi fondanti devono rimanere quelli, in quanto da almeno due secoli reggono gli stati come il nostro e sarebbe assurdo metterli in discussione. Non è l’anno zero della democrazia, non è l’anno zero della repubblica, non è l’anno zero della costituzione. Non siamo in una fase rivoluzionaria. Dunque facciamo si delle revisioni, ma con i meccanismi che la costituzione stessa prevede. Revisioni singole, mirate: che individuino  problemi  concreti e ne facciano oggetto di una legge di revisione costituzionale. Dunque non bisogna fare un pacchetto di revisioni per cui si finisce con la logica dell’io do a te questo se tu dai a me quest’altro. No. Bisogna individuare dei problemi concreti sui quali ci si può mettere d’accordo, seguendo il procedimento legalmente previsto.

Questo procedimento oggi è spesso messo in discussione. Possiamo modificare questo procedimento di revisione? Forse si. Dicevo prima che modificare questo procedimento rafforzando le maggioranze di garanzia sarabbe opportuno. Non il contrario, diminuire queste soglie.

Ecco perchè per me è sbagliato indicare come metodo per risolvere i problemi costituzionali l’elezione di un’assemblea costituente. Per i fautori di questa proposta, dovremmo eleggere accanto al parlamento un’altra assemblea alla quale si darebbe il potere di rifare la costituzione. Questo contrasterebbe con il principio della rigidità  Noi daremmo dunque a un’assemblea  il compito e il potere, con una votazione sola,  di modificare magari l’intera costituzione. 

L’elezione di un’assemblea costituente vorrebbe dire avviare un processo che non da più limiti per al cambiamento. Infatti, per i nostri ordinamenti l’assemblea costituente si elegge quando non  c’è più uno stato, non c’è più una costituzione e bisogna perciò farne una completamente nuova.  Nel 1946 fu questa la scelta. Lo stato monarchico non c’era più. Allora eravamo all’anno zero.

Oggi c’è una legalità costituzionale e i principi della costituzione del 1948 sono ancora oggi principi e valori validi. I principi supremi della costituzione secondo quanto stabilito dalla corte costituzionale non sarebbero nemmeno modificabili con la legge di revisione costituzionale, questo perchè vanno aldilà delle stesse regole specifiche della costituzione.

In ultimo eleggere un’assemblea comporterebbe un rischio di conflitto con il parlamento. Avremmo contemporaneamente due assemblee elette. 

E’  comunque vero che nell’idea di assemblea costituente c’è un aspetto corretto. Questo perchè essa sarebbe eletta con il sistema proporzionale, in modo che tutte le forze possano concorrere alla revisione con il reale peso che hanno. Se questa è un’idea giusta, la soluzione potrebbe essere elevare i sistemi di garanzia per le revisioni, dove tutte le forze possano partecipare. Si possono dunque organizzare  delle comissioni dove discutere e verificare se c’è il consenso, che è sempre fondamentale.

Quando c’è il consenso, se si individuano delle modifiche su cui c’è un consenso largo, possibilmente unanime tra le forze, allora è possibile elaborare delle modifiche con tutte le procedure previste, in modo che queste non siano solo meditate, ma rispondano alla reale volontà della società civile.

 

 

logo - vai alla home page
Fondazione Serughetti Centro Studi e Documentazione La Porta
viale Papa Giovanni XXIII, 30   IT-24121 Bergamo    tel +39 035219230   fax +39 0355249880    info@laportabergamo.it